Come Sviluppare la Leadership degli Intangibili
La teoria materialistica di matrice anglosassone, iniziata col pensiero di Adam Smith e David Ricardo, assegnava la qualifica di ricchezza limitatamente ai “beni utili, limitati e materiali”; anche in Italia, illustri esponenti quali Toniolo, Cossa, Nazzani prima e Loria poi, riconducono l’essenza di valore economico ai soli beni materiali, dotati di fisicità, basandosi unicamente sulla circostanza che «si producono e riproducono, si possono pesare, contare, sono indistruttibili e possono essere oggetto di ipoteca o garanzia e possono essere oggetto di impiego “esterno”»; in questa ottica si nega ai beni immateriali e di origine intellettuale qualsiasi possibilità di contributo alla creazione di valore. Quello a cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio è un netto capovolgimento di queste teorie, se è vero come risulta da una recente ricerca di “Fortune” che circa il 75% del valore delle principali società americane è costituito dagli “Intangibles”. Sembra in un certo senso, come ricorda l’economista Paul Romer, esserci stata una specie di “soft revolution” ; proprio quegli elementi che sono stati inadeguatamente e con poca accuratezza definiti “soffici”, “immateriali” o “intangibili” sono alla fine diventati beni economici a tutti gli effetti.
All’interno del “patrimonio intangibile”, insieme al valore del marchio e dei brevetti, alla reputazione organizzativa, al livello di fiducia della clientela (esterna e interna) spicca, per importanza, la qualità del management e lo stile di leadership.
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